Ai margini della necropoli punica e romana di Lilibeo che si estendeva ad Est della città antica, è la vasta area archeologica costituita da un complesso di latomie utilizzate dalla prima comunità cristiana come cimitero. Il nucleo più importante è all’interno di una grande latomia, adiacente alla chiesa di Santa Maria dell’Itria e al contiguo convento dei Padri Agostiniani, chiamati anche Niccolini (o Nicolini) dal nome del santo agostiniano Nicola da Tolentino. Un tempo la latomia era collegata ad altre latomie adiacenti al di sotto di un ponte di roccia percorribile, e oggi franato, che conduceva all’area di Santa Maria della Grotta (Fig. 1).

Le latomie erano cave a cielo aperto per l’estrazione della calcarenite (tufo), sfruttate nella fase di massima espansione edilizia della città romana di Lilibeo (fine II-inizi III sec. d.C.) e riutilizzate come cimitero tra il III e il IV secolo da gruppi appartenenti a religioni diverse. Infatti, nella latomia dei Niccolini, come in altre aree cimiteriali tardo-antiche di Lilibeo (Santa Maria della Grotta, Catacombe di Corso Gramsci), sono state rinvenute anche lucerne con il simbolo giudaico del candelabro a sette bracci, la menorah (Figg. 2-3).

Già dalla fine dell’Ottocento, in seguito alle ricognizioni e agli studi, prima, di Salvatore Struppa e di Antonino Salinas, direttore del Museo Nazionale di Palermo, e poi, degli archeologi tedeschi J. Fuhrer e V. Schultze, nell’area erano noti alcuni complessi sepolcrali con arcosoli, loculi e nicchie a parete. La costruzione del cimitero moderno lungo il margine orientale della latomia, un lungo periodo di abbandono e successive attività di cava, hanno compromesso gravemente lo stato di conservazione delle sepolture e distrutto pregevoli affreschi, come Il Buon Pastore che decorava un arcosolio (vedi scheda).

Indagini archeologiche effettuate nel 1996 dalla Soprintendenza di Trapani hanno evidenziato che lungo il fronte Est della latomia erano stati ricavati due complessi di arcosoli con pianta a croce greca e un terzo con pianta ad L, scavati nella parete rocciosa; nell’area antistante si trovavano diciassette sarcofagi monolitici, realizzati in calcarenite e ricoperti da uno spesso strato di intonaco bianco (Fig. 4). Una scala scavata nella roccia tufacea metteva in comunicazione il pianoro superiore del costone roccioso con la latomia e gli ingrottati sottostanti.

Fig. 4

L’arcosolio centrale del complesso Nord-ovest (G) conserva una ricca decorazione pittorica: nella lunetta, boccioli di rose rosse, nell’intradosso, simboli cristologici come il doppio monogramma di Cristo e il calice, all’interno di sessantaquattro riquadri dipinti in rosso (Fig. 5).

Ma l’elemento più rilevante dell’intero sistema funerario è costituito dal piccolo ambiente meridionale che dava accesso a tre arcosoli (Fig. 6). Il pavimento è costituito da un mosaico policromo che raffigura un vaso a due anse (kantharos) dal quale sgorgano zampilli d’acqua, resi con tessere di pasta vitrea turchese (Fig. 7). I parapetti di due tombe conservano ancora scene dipinte, che richiamano la cultura figurativa ellenistico-alessandrina e i mosaici nord-africani. L’affresco posto subito di fronte all’ingresso raffigura un paesaggio fluviale con, sullo sfondo, un tempio colonnato in prospettiva (Fig. 8); l’affresco ancora visibile a sinistra rappresenta invece una scena di caccia con un cane che insegue una lepre (Fig. 9).

I motivi floreali presenti in tutte le sepolture, come le ghirlande e i boccioli di rose, i tralci di vite, e le melagrane (Figg. 10-11-12), fanno parte di un repertorio comune, presente anche in altri contesti lilibetani (Ipogeo di Crispia Salvia), di origine pagana ma utilizzato anche nell’arte funeraria cristiana, allusivo dell’ambiente paradisiaco.

Il vaso zampillante, raffigurato nel mosaico (Fig. 7), è immagine dell’acqua viva, il Cristo, che rigenera e rinfranca nella vita eterna che attende il defunto.

Il complesso cimiteriale, utilizzato tra il III e il IV sec. d.C., costituisce la testimonianza più importante dell’arte funeraria cristiana lilibetana e tra i più rilevanti della Sicilia.